"Dopotutto, sono fortunata.
Tornare alla vita, dopo venti mesi di lager, mi ha dato un'altra dimensione di me.
La sofferenza è stata così atroce che i valori, di colpo, si sono ribaltati.
Solo alcuni hanno fondamentalmente importanza...soltanto dopo."
"...Ho pianto molto anche dopo. Perchè, dopo, è accaduta una cosa che non immaginavo.
Io, come tutte noi donne del lager, immaginavo il ritorno come una grande festa, un grande calore, una consolazione dove, finalmente, qualcuno ci coccolasse, medicasse le nostre ferite interiori, guardasse con pena, e partecipazione, agli squarci che avevamo dentro.
Invece, accadde il contrario.
Tutti, soprattutto la mia mamma, erano felici di rivedermi.
Ogni giorno, da loro, ricevevo un mucchio di tenerezze e di attenzioni.
Ma non potevo parlare. Basta, basta, mi sgridavano, anche se con affetto.
Basta parlare,raccontare, rivivere..."
" Io, qui dentro, ho un grande fardello. Ho sei milioni di morti, qui dentro. Ho un milione e mezzo di bambini mandati alle camere a gas. Ed è un fardello pesante. Insopportabile, a volte.
Però nessuno ha voluto dividere con me questa pena...
Non c'erano orecchie per me, per noi che eravamo tornati dall'inferno...
vorrei che la memoria continuasse.
Perchè l'orrore non si ripeta.
Perchè lo trovo giusto.
Per i sei milioni di morti: che non devono rimanere soli.
Perchè io li ho visti, i morti.
Nelle cuccette luride delle camerate.
Ai bordi di un campo di lavoro.
Ammucchiati su carretti...
Dimenticare? Mai. Sarebbe come lasciare ancora più soli tutti quelli che non sono più ritornati. E neppure perdonare, si può.
Innanzitutto, il perdono, a noi, non l'ha chiesto nessuno.
Non ce lo può chiedere una nazione, un partito, una collettività.
Solo i responsabili, potevano farlo.
Ma nessuno ha mai ammesso: io sì, io ho fatto, io ho ordinato..."
da Il perdono e la memoria di Edgarda Ferri Rizzoli editore 1989 prima parte: Olocausto Storia di Giuliana Tedeschi
Arrestata a Torino, Giuliana Tedeschi fu inviata ad Auschwitz con il marito Giorgio, scomparso in una di quelle marce terrificanti alla quale i prigionieri furono obbligati negli ultimi tempi del Reich nazista, e la suocera, subito portata a morire nelle camere a gas all'arrivo del convoglio.
Al ritorno ritrovò le figlie Erika e Rossella, lasciate piccolissime ad una cameriera, e riprese ad insegnare latino e greco al ginnasio. Scrisse in un bellissimo e toccante libro alcuni dei suoi ricordi
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