domenica 5 febbraio 2017

Il DEA di Verbania

Martedì pomeriggio mia mamma, 92 anni e 10 mesi, è caduta in camera ed ha picchiato la testa contro un mobile, bello solido e resistente, uno di quei mobili anni 50 che non li fanno più. Purtroppo si è fatta male e abbiamo dovuto chiamare il 118 d'urgenza e poi portarla al DEA dell'ospedale di Verbania.
Un viaggio  abbastanza veloce con l'ambulanza lungo un tragitto trafficato ma con una strada dall'asfalto sconnesso che non ha certo reso piacevole il viaggiare su una barella una persona anziana con problemi alla schiena ed una ferita sopra un occhio, che continuava a sanguinare copiosamente per giunta.
E poi il reparto  emergenze, piccolo e strapieno di persone in attesa. 
Mia mamma è passata subito, le hanno suturato le lacerazioni e le hanno fatto una tac. Risalita è rimasta pochissimo tempo su una barella in corridoio ed è stata quindi sistemata nella stanza medica 2 insieme con altre due pazienti. 
Lei vi è rimasta fino al pomeriggio successivo quando è poi stata spostata all'astanteria, dove è rimasta ancora un altro giorno e mezzo,
Ma in quei tre giorni in cui sono stata con lei ad assisterla io ho visto passare una marea incredibile di persone bisognose di cure ed alcuni di loro sono stati ore ed ore in corridoio per mancanza di posto nelle poche stanze a disposizione o di medici impegnati altrove per emergenze ancora più gravi delle loro. 
L'aver chiuso il pronto soccorso dell'ospedale di Omegna ha sicuramente peggiorato la situazione ma anche l'immobilismo dei politici oltre che della sanità pubblica regionale non ha certo contribuito a risolvere il problema.
Si continua a parlare del nuovo ospedale unico che dovrebbe essere fatto ad Ornavasso, ma quando si farà ? 
Sono trent'anni che si parla di ospedale unico per il VCO e siamo ancora qui ad assistere  all'affollamento di un reparto di pronto soccorso che accoglie l'utenza di tutto un vasto territorio tra i laghi e le montagne.
Non so come facciano il personale medico ed infermieristico a reggere una situazione simile, così caotica e snervante, con momenti di super affollamento incredibili. 
Io spero di non doverci tornare e che tutto vada per il meglio per mia mamma ma mi auguro che la burocrazia e l'immobilismo di chi ci governa in Regione e in loco abbiano fine in tempi brevi
Presto dovremo anche tornare a votare ad Omegna un nuovo sindaco. Visto i risultati a dir poco negativi di questa giunta con un sindaco donna incapace di ascoltare i suoi concittadini e di fare il meglio per noi tutti, ben venga il ritorno di un sindaco uomo.
Ma uno in gamba. 
Io non andrò questa volta a votare alle primarie del PD, non mi piacciono per nulla i due candidati,  e se non riterrò interessante qualche candidato di altro partito non penso proprio che sprecherò il mio tempo per andare a votare...

Rifugiato ad Omegna

«Talvolta quando chiudo gli occhi penso a Buner, la cittadina pakistana in cui sono nato e da cui sono scappato un anno fa per sfuggire alla minaccia talebana, dopo che erano venuti a cercarmi a casa durante un rastrellamento». Karimullah Karimullah, 40 anni, una laurea con lode in biologia e zoologia e un dottorato di ricerca sull’interazione tra uomini e primati, racconta così l’inizio del suo viaggio che lo ha portato a Omegna, dove è ospite del centro di prima accoglienza per richiedenti asilo «Vittoria». 
«Quel giorno, il 21 gennaio del 2016, gli amici mi hanno avvisato che i talebani erano venuti a cercarmi a casa, io fortunatamente non ero lì e non ci sono più tornato, sono fuggito. Non potevo più sopportare la minaccia della violenza, dopo aver visto morire alcuni amici, studenti e professori universitari sotto il fuoco talebano». 
In quel giorno di gennaio di un anno fa inizia così il lunghissimo viaggio di quasi sei mesi, che attraverso Iran, Turchia, Grecia , Macedonia, Slovenia e Austria porta il 12 giugno dell’anno scorso in Italia Karimullah. «Ho fatto lunghissimi e faticosi pezzi a piedi - ricorda lo studioso pakistano -, non dimenticherò mai il viaggio sull’imbarcazione di fortuna tra Turchia e Grecia con la barca che andava su e giù tra le onde di un mare reso nero dalla notte. Così come l’attraversamento a piedi, sempre di notte, del confine tra Pakistan e Iran». Un viaggio di sei mesi, che non ha tolto a Karimullah la passione per la scienza e la ricerca: grazie ad alcuni amici è entrato nei mesi scorsi in contatto con l’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Cnr di Verbania. E così se altri profughi sono diventati imprenditori, lui ha continuato a fare quello che ama: ricercare. 
Oggi collaboro come volontario - ricorda -. Il 6 dicembre ho potuto presentare il mio lavoro sulla struttura della popolazione e sul comportamento dei primati nella parte Nord della Malesia peninsulare».  
«Sono grato per l’opportunità che mi è stata offerta» prosegue lo studioso pakistano, che ha al suo attivo numerose pubblicazioni scientifiche. Karimullah ha un forte legame con la Malesia, dove ha ottenuto all’università di Sepang la laurea e il dottorato di ricerca. Ma oltre a lavorare come volontario all’Ise di Verbania, Karimullah cerca di aiutare tenendo corsi di inglese a chi vive con lui nella struttura ricavata nell’ex hotel Vittoria e gestita dalla cooperativa Azzurra. «Ho sempre trovato gentilezza sia da parte di chi gestisce il centro, sia dalla gente di Omegna».  
Il sogno per il futuro: «Poter trovare un lavoro e potermi guadagnare quanto serve per vivere - conclude Karimullah - e riuscire ad aiutare mia madre in Pakistan». Il primo passo verso una vita normale è intanto avvenuto l’altro giorno: al commissariato di Omegna gli è stato consegnato il documento che conferma l’accettazione dello status di rifugiato. Con quel pezzo di carta Karimullah potrà chiedere un permesso di soggiorno, che gli permetterà di lavorare.  da La Stampa VCO
Spesso ci lamentiamo, io per prima, quando veniamo avvicinati, davanti al supermercato o ai negozi del centro, dai giovani di colore che chiedono soldi. Non tutti sono arrivati qui da zone pericolose o di guerra e si sono limitati a fare la questua. Questo giovane uomo pakistano ha continuato a fare il ricercatore e lo scienziato ed ha dimostrato di volere tenacemente la propria indipendenza e la propria autonomia di uomo colto ed intelligente. Come lui ce ne saranno anche altri che porteranno anche qui da noi il loro contributo in idee e progetti utili per la nostra società
 


Giuseppe Moroni

" E’ morto sabato mattina all’età di 80 anni Giuseppe «Popi» Moroni, ex presidente della Lagostina e una delle figure più significative del mondo economico italiano.  Era ricoverato da tempo a Omegna alla casa dell’anziano «Massimo Lagostina», una struttura per la quale la sua famiglia e lui personalmente si erano sempre spesi. Alcuni mesi fa era stato vittima di un incidente domestico dal quale, malgrado le cure e i ricoveri in ospedale, non si è più ripreso. Entrato giovanissimo in fabbrica accanto allo zio Massimo, aveva percorso tutti i gradini della carriera aziendale sino a diventare presidente.  
Notevole il suo impegno nel sociale: era stato presidente dell’Unione industriale del Vco, della Camera di commercio e dell’associazione nazionale ed europea dei produttori di casalinghi. Aveva fondato e presieduto sino alla scorsa estate, per ben 44 anni, l’associazione Centri del Vco che si occupa di bambini diversamente abili. Il funerale si terrà lunedì alle 15,30 a Pettenasco nella chiesa parrocchiale dove domenica alle 18,15 sarà recitato il rosario.  " da LaStampa VCO
Ho conosciuto il signor Moroni tantissimi anni fa come genitore, a scuola. Ed era allora uno dei padroni della ditta di pentole conosciuta in tutto il mondo, dove ha lavorato per una ventina di anni anche mio papà. La sua associazione ha aiutato tantissimi bimbi ed è stata tanto utile a tutti noi che viviamo in questa parte del Piemonte troppo spesso dimenticato da chi è a Torino sia nella sanità sia nella scuola
Le mie condoglianze a Luisa ed alla famiglia Moroni.