giovedì 27 agosto 2009

Comunità montane

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Regione Piemonte e ha sospeso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte che congelava l’accorpamento di alcune comunità montane.
La Regione scioglierà così 42 Consigli (quelli di sei comunità «salvate» dalla legge resteranno in carica) e con loro decadranno giunte e assessori.
I presidenti resteranno in carica come commissari con pieni poteri e con il compito di gestire la transizione verso il nuovo assetto organizzativo che prevede, a regime, la riduzione da 48 a 22 del numero degli enti.
«I commissari - spiega l’assessore Luigi Ricca - avranno il compito di predisporre un quadro ricognitivo dello stato patrimoniale e di preparare un bilancio tecnico per assicurare ai nuovi enti di diventare operativi dal 1 gennaio 2010. Se non lo faranno saranno rimossi».
Ricca si augura che i commissari/presidenti collaborino in questa operazione, che ha già subito dei ritardi a causa della decisione delle Comunità Montane dell’Alta Val Susa e di Antigorio-Divedro-Formazza di utilizzare tutte le vie legali per opporsi all’accorpamento.
Le due Comunità «ribelli» si sono rivolte al Tar e alla fine di luglio hanno ottenuto la sospensione del processo di accorpamento.
La Regione ha presentato ricorso al Consiglio di Stato che l’altro ieri ha ribaltato la sentenza dei giudici amministrativi di secondo grado.

E così l’accorpamento riparte come spiega la presidente della Giunta, Mercedes Bresso:
«Avendo già approvato il regolamento elettorale che disciplina le elezioni delle nuove Comunità montane previste per il prossimo 7 novembre, si procede ora con la piena attuazione della legge regionale».
Tar e Consiglio di Stato non sono entrati nel merito della legge regionale sulla legittimità o meno dell’intervento previsto dalla legge.
Secondo Ricca, però «la posizione della Regione si rafforza grazie anche al pronunciamento della Corte Costituzionale che ha confermato un giudizio di piena legittimità della legge regionale di riordino delle Comunità».

Non la pensa così, Mauro Carena, presidente della Comunità Montana dell’Alta Val Susa che si oppone all’unione con la Bassa Valle e la Val Sangone: «Abbiamo sempre sostenuto che si tratta di un problema tecnico che riguarda principalmente l’operatività dei singoli enti. Adesso è necessaria una soluzione politica che tenga conto delle esigenze dei territori e che non lasci che siano le sentenze a determinare i futuri assetti».
Difficile che la Regione faccia un passo indietro anche se Ricca assicura che ci sarà «un percorso graduale di riordino che permetterà di rafforzare e non lasciare morire le Comunità».
E Lido Riba, presidente dell’Unione delle Comunità Montane, aggiunge: «Si tratta di una sentenza molto positiva perché va a vantaggio di tutto il comparto delle terre alte del Piemonte».

Il "San Giuseppe "



Ieri mattina pioveva: una pioggerella continua e regolare. Io dovevo andare in posta e sono uscita a piedi, per una buona camminata salutare, anche se il tempo non era dei migliori
Sono scesa dalla strada che passa davanti alla chiesa, ripida e veloce, con il senso unico che permette anche ai pedoni di muoversi bene, sono passata accanto all'asilo delle suore e, dopo il passaggio a livello, mi sono ritrovata in Piazza San Giuseppe.

Lì di fronte c'è l' Istituto San Giuseppe, dove tanti anni fa le suore avevano l'Istituto per le ragazze orfane (ricordo ancora Anna e Daria, le bambine che venivano a scuola con me alle elementari nei lontani primi anni sessanta ) e dove mia mamma da giovane andava ad imparare a cucire la sera e a recitare sul palco del loro teatro
Io invece andavo lì nel "salone delle feste" a volte al cinema, a volte a passare qualche pomeriggio domenicale con le mie amiche, nei periodi di fine estate- inizio autunno di solito, quando non era ancora iniziata la stagione dello sci e del calcio, perchè preferivo molto di più andare in montagna con mio papà a fare sport o ad accompagnarlo a vedere la squadra dell'Omegna allo stadio Liberazione ( bei tempi quelli in cui non era ancora di moda il pubblico del calcio fracassone e violento ! )

E poi da adulta ho iniziato ad insegnare proprio lì, dove c'era il Liceo Linguistico, quando stavo ancora studiando Lingue all'Università, ma mi hanno chiesto di sostituire una collega a casa in maternità per 6 mesi E poi ci sono tornata laureata ed ho insegnato per quasi 4 anni, prima di passare alle scuole pubbliche

Tempi lontani e ricordi piacevoli di un mondo che non c'è più
E sì, perchè il nostro San Giuseppe non c'è proprio più da parecchi anni
E' lì, chiuso ed abbandonato, con le porte sbarrate, le finestre rotte e tante erbacce giganti che straripano dalla ringhiera sul marciapiede, dove quasi non si passa più
Un gran brutto biglietto da visita per Crusinallo ed un edificio in rovina che occupa tanto spazio utile
Perchè nessuno fa nulla per trasformarlo e rimodernarlo ???
Un bel self-service al piano terra con prezzi economici, libero a tutti, tanti mini appartementi al secondo e terzo piano per gli anziani o i single o i vacanzieri che non trovano mai posto ad Omegna, pratici e funzionali, una palestra, un locale per i giovani ... tutto questo sarebbe tanto importante per la nostra comunità e per chi visita Omegna ed i dintorni
Un bel sogno utopico ?
penso proprio di sì, visto che tutto l'edificio sta cadendo in rovina nel peggior modo possibile !!!

e sotto la pioggia agostana era ancora più triste vederlo lì di fronte così malconcio ed abbandonato, nel disordine più completo...

La collezionista di storie

" Non so più chi mi ha raccontato questa storia, nè come faccio a ricordarmela ancora. Il 2 agosto, giorno in cui nacqui, Baba se ne stava, penna alla mano, davanti alla postazione delle infermiere del St. Elizabeth Medical Center di Boston e compilava il mio certificato di nascita... Mentre compilava il certificato, Baba si rese conto che non era certo del mio sesso, ma non importava, aveva sempre saputo che sarei stata un maschio, si era rivolto a me come a un maschio mentre me ne stavo ancora al sicuro nel liquido amniotico dell'utero di Mama e, giunto alla casella NOME DEL BAMBINO, scrisse con mano tremante, e nella sua migliore grafia inglese, "Nidal" (lotta, battaglia )... "
da La collezionista di storie, di Randa Jarrar, ed Piemme
Il primo romanzo di questa giovane scrittrice è un libro intenso, che mi è piaciuto moltissimo, con uno stile di scrittura piacevole, ironico, leggero e divertente, per argomenti spesso anche drammatici o tristi
Randa Jarrar ha avuto una vita molto simile a quella della protagonista del suo romanzo.
Nata a Chicago nel 1978 da padre palestinese e da madre greco-egiziana, dopo soli due mesi si trasferì con la famiglia in Kuwait.
Nel 1990, dopo l’invasione irachena, fuggì in Egitto con la famiglia, per poi tornare negli USA nel 1991, dove si è laureata in Studi mediorientali.
È traduttrice dall’arabo, cura un blog e ha già pubblicato svariati racconti.
Attualmente vive ad Ann Arbor, Michigan, con il figlio, il fidanzato e il loro gatto.

La protagonista del libro, Nidali, palestinese, egiziana e greca, nata in America e cresciuta in Kuwait, conosce a memoria il Corano, ma non porta il velo.
Adora Wonder Woman ed ha addobbato il muro dietro al letto con mille adesivi della sua eroina preferita, anche se un giorno suo cugino, fervente musulmano appena arrivato a casa sua, li strappa tutti, sostenendo che l'eroina dei fumetti non sia altro che una svergognata americana in mutande color oro.

Nidali è un’ottima studentessa e non farebbe mai nulla per disobbedire a Baba, suo padre, se non fosse per i tre baci e mezzo che ha dato di nascosto al suo compagno Fakhr, bello e intelligente come lei.
Ma quando iniziano le vacanze estive, una sera Saddam compare alla tv per dichiarare guerra al suo paese.

Una bella disgrazia, perchè Nidali viene immediatamente caricata sulla macchina sgangherata di famiglia e ripara in Egitto insieme ai genitori, agli zii ed ai cugini.

Restano solo delle storie a farle compagnia: le storie che compone per la scuola, per compiacere Baba, il padre architetto, e le storie di vita di chi le è caro, che trascrive e colleziona per fissarle per sempre su una pagina, a fingere che nulla sia cambiato.

Quando, dopo l’esilio ad Alessandria, i genitori decidono di fare ritorno in America in cerca di fortuna, Nidali deve imparare ancora una volta a integrarsi in una cultura nuova, lottando contro le regole per potersi iscrivere al college ed affermare la propria identità.

Un romanzo tenero e profondo, un ritratto perfetto della società araba prima della recente ondata di fondamentalismo.
La storia quotidiana di una famiglia, con il padre architetto che sognava di diventare un poeta, la madre ottima pianista, che non ha potuto diventare un'artista perchè si è dovuta sposare, come tutte le donne arabe, un figlio piccolo, Gamal, e una ragazzina cresciuta in un mondo tradizionalista ed impenetrabile ai più, che dentro di sé prova le stesse emozioni e i turbamenti di tutte le altre.

Bellissimo e divertente il racconto della fuga dal Kuwait con la vecchia macchina della zia, che lei ha sempre odiato, che si ferma in mezzo al deserto; altrettanto belle le descrizioni degli incontri di Nidali con il nonno materno in una grande casa elegante, mentre la sua famiglia vive in un piccolo appartamento estivo perchè Baba è orgoglioso e non vuole dipendere dal suocero
Tanta tristezza invece quando Nidali descrive il suo tanto adorato Baba spesso anche violento, che picchia la moglie ed i figli per futili motivi ed applica leggi inconcepibili per una ragazzina europeizzata, cresciuta in una scuola "inglese" in Kuwait prima ed in Egitto e negli Usa poi

Molto bello e tenero e travolgente l' amore di Nidali per il giovane compagno di scuola, che ritrova ad Alessandria d'Egitto, e con cui comunicherà per lettera anche quando sarà lontana in America

Un bel libro, pieno di riflessioni e di storia, attuale, tra due mondi completamente differenti; un libro da non perdere, tutto da leggere e da gustare !

L'amico e lo straniero

" L'avevo notato la prima volta che ci eravamo ritrovati in classe, mentre cercavamo i nostri posti ai banchi. Adulti chiassosi che dopo anni di lavoro erano ritornati studenti.Sedici ragazzi e due ragazze. Credo fosse il più giovane, aveva vent'anni ma ne dimostrava ancora meno. Durante i primi giorni rimase un po' in disparte dai gruppi che si andavano formando, ma senza ostentare nulla. Nella sua introversione non si leggeva alcun disagio o timidezza, piuttosto una nayurale indipendenza. Questo suscitò la mia curiosità e cercai di avvicinarmi a lui "
da L'amico e lo straniero di Uwe Timm , Mondadori



Lo scrittore, nato ad Amburgo, di cui ho letto anche Come mio fratello, narra la storia dell'amico e compagno di studi nel collegio in cui si erano conosciuti, uniti da una stessa passione per la letteratura, dal desiderio della scoperta di sè e di una propria lingua, con i tentativi iniziali di scrittura, prima che le loro vite prendano direzioni diverse.

Un breve incontro con Benno Onhesorg segnerà per sempre la vita dello scrittore perchè Benno avrà un destino tragico e paradossale, che lo farà diventare un esempio politico, così lontano in effetti dall'essenza vera del ragazzo pensoso e quieto, sensibile e schivo da lui conosciuto

A Berlino il 2 giugno 1967, durante una manifestazione contro la visita dello Scià in Germania, Benno venne ucciso da un colpo di pistola, esploso a distanza ravvicinata da un agente in borghese.

Aveva 26 anni e non era mai stato impegnato attivamente in politica.

L'omicidio fu negato dalle autorità e la morte assurda di Benno scatenò il movimento di protesta studentesco

Uwe Timm affronta dopo 40 anni quel momento particolare ed il contesto storico con una riflessione dolorosa ed intensa, in un percorso lungo e faticoso, legato al destino del proprio tempo e della propria generazione

Una storia toccante di incontri con persone e luoghi ed una rievocazione sincera e critica nella memoria personale e collettiva, del passato e del presente
Un libro ed una storia che mi era sconosciuta che mi hanno molto colpito ed interessato. Un libro da leggere e su cui riflettere

martedì 25 agosto 2009

Posteggio selvaggio!

Questa è l'ultima foto di una serie ormai lunga di immagini che ho ripreso più volte dal balcone di casa. Alcune le ho anche scambiate con un mio vicino, altrettanto assiduo nel riprendere la curva che scende dalla nostra via, a Crusinallo, una strada stretta come si può vedere, che per molte ore al giorno ha il solito posteggio selvaggio di auto e furgoni o camion sullo stop stesso e su un lato dell'altro vicolo che scende giù
Viaggiare in macchina ma anche a piedi diventa a quel punto un rischio ma... ma se i vigili urbani passassero con assiduità farebbero multe a go go, il Comune ci guadagnerebbe e noi, giovani ed anziani, potremmo finalmente uscire di casa con minor ansia, usufruendo anche di tutta la carreggiata a disposizione!
Per ora è solo un bel sogno utopico, chissà se però un giorno diventerà realtà il rispetto del divieto di sosta permanente così clamorosamante non rispettato ?
Ai posteri l'ardua sentenza ....

Dalie


Le dalie sono fiori molto belli e in questi ultimi anni le ditte specializzate offrono nei loro cataloghi tantissime qualità, alcune veramente splendide

Quest'anno ho acquistato le dalie basse che con l'avvicinarsi di settembre stanno iniziando a fiorire tutte con molta abbondanza di steli su ogni pianta, dando il meglio in colori e forme ...

Che cosa è ?

In questi giorni di fine agosto, i più caldi dell'estate, ho approfittato delle ore assolate del pomeriggio, per cominciare a cucire cose nuove, campioncini di prova, che poi rifarò per regalare a Natale
Ce n'è uno che mi è riuscito benissimo: è alto 20/25 cm non di più, in stoffa azzurra di cotone ( un pezzo riciclato di una mia vecchia camicetta ormai inutilizzata perchè troppo lisa ) e bianca di finto raso ( ho usato quello per foderare le gonne )


Vi propongo un'immagine molto speciale ripresa da sopra


Se indovinate che cosa è, vi mando... un bacio virtuale grosso così ...!!!


lunedì 24 agosto 2009

Steroidi e atletica

Nei giorni scorsi ho visto spesso le gare dei mondiali di atletica da Berlino.
Ho visitato la scorsa estate Berlino, una bellissima città vivace e moderna, per troppi anni divisa da un muro, e rivederla in tv è stata una emozione ed una gioia.
Mi è sempre piaciuto anche vedere le gare dell'atletica e, anche se l'Italia non ha vinto una medaglia, mi sono gustata lo stesso gli atleti e le atlete delle varie discipline
Tra loro però ce ne è stata una che ha creato sconcerto, polemiche e discussioni notevoli perchè il suo aspetto fisico e la sua voce sono molto mascolini: Caster Semenya, 18 anni, sudafricana
Oggi il quotidiano La Stampa riportava in un articolo che il giornale britannico Il Daily Telegraph ha pubblicato la notizia che le analisi sui campioni biologici di questa giovanissima atleta presentano una notevole quantità di ornomi maschili
A quanto pare i test medici a cui era stata sottoposta Caster Semenya prima di Berlino avevano già rivelato un livello di testosterone ingiustificatamente più alto della media femminile ed una quantità di ormoni maschili di gran lunga superiore alla norma.
Queste indiscrezioni gettano nuovo fuoco sulla benzina del caso, alimentato dalle dichiarazioni riportate qualche giorno fa da un'ex allenatore della Semenya, che ha affermato che Caster è un ermafrodito.
Sotto accusa è finito l'allenatore della 18enne, il tedesco Ekkart Arbeit, già finito al centro di roventi polemiche dopo essere stato indicato come uno dei responsabili dell'uso e abuso di sostanze dopanti da parte delle atlete della Germania dell'Est negli anni '80.
Heidi Krieger, la campionessa nel lancio del peso nel 1986, sottopostasi poi a un'operazione di cambio del sesso nel 1997, ha affermato che fu proprio Arbeit a darle una quantità tale di ormoni maschili da trasformarla di fatto in un uomo.
Ed è proprio Heidi, che ora si chiama Andreas Krieger, che mi ha colpita profondamente, e per la sua storia personale che non conoscevo e per le parole scovolgenti che ha detto in una intervista
Se i giovani che iniziano a praticare l'atletica hanno la sola chance di incontrare allenatori di un certo tipo, come l'ex DDR, io penso che forse allora sia molto meglio che si dedichino ad altro, a qualcosa che non sia l'agonismo o continuino a fare sport e ad arivare quinti, sesti o settimi, come i nostri atleti attuali, senza medaglie, ma , spero, anche senza steroidi!...
"Semenya umiliata da uno sport indegno"
Parla l'ex campionessa Ddr, ora uomo per il doping, Andreas Krieger
Lanciava il peso per la Germania Est, ha vinto anche un Europeo e per farlo arrivare a quella medaglia lo hanno riempito di steroidi.
Quando ha smesso si è ritrovato i connotati da uomo e ha deciso di assecondarli.
Un cambio netto, nome diverso e nuova identità.
Ha lasciato Berlino e si è trasferito a Magdeburgo, dove vive con la moglie Ute Krause, ex nuotatrice della Ddr.
Le gare del mondiale non le ha guardate, ma la storia di Caster Semenya, la ragazza sudafricana sospettata di essere un maschio, la conosce bene.
«E’ così triste e schifoso il caso di Semenya. Non avrebbero dovuto arrivare a tanto. Il problema andava risolto prima. E’ evidente che quella ragazza abbia un corpo mascolino, credevano che nessuno se ne accorgesse? Dovevano proteggerla e l’hanno mandata al macello».
«Lo sembra un uomo e non dovevano portarla ai Mondiali se oggi sono ancora qui a dire ancora"stiamo facendo dei test". In questo modo l’hanno buttata in pasto all’opinione pubblica. Vi immaginate che significa camminare per la strada e sentire la gente che ti chiede: sei uomo o donna?».

«Ha un nome da donna, è cresciuta come donna e si sente tale. Ha 18 anni e fino a ora è rimasta nel suo ambiente, in Sud Africa, dove non doveva affrontare la curiosità morbosa. E non avrebbe dovuto farlo mai. Hanno sbagliato tutti, gli allenatori e le federazioni».

«Non so immaginare l’umiliazione. Io ho sofferto, ma ho gestito in privato il mio travaglio. Capisco che non abbia voluto parlare perché affrontare le domande maligne del mondo intero sarebbe stato impossibile. Mi è sembrata coraggiosa. Puoi anche non uscirne più da un’esperienza così terrificante, ha bisogno di appoggio e visto che lo sport si è comportato in questo modo indegno spero che trovi aiuto nella famiglia».

« Io sono fuggito, ho passato anni solitari. Non andavo in piscina, non andavo a ballare e in realtà non vivevo.
Mi rintanavo sempre di più per evitare i posti dove mi sarei dovuto rivelare.
Così ho eliminato ogni forma di socialità.
Per questo ho fatto la scelta estrema di cambiare sesso. In quel modo non potevo andare avanti».
«Non ho avuto l’appoggio della mia famiglia.
Mio padre non c’era più e mia madre mi è stata molto vicina fino a che ero Heidi.
Oggi non abbiamo più contatti e non gliene faccio una colpa. Per lei è inconcepibile che io mi chiami Andreas e sia un uomo. Io non voglio forzarla ad accettare qualcosa che, so bene, non può considerare».
«... se possibile quella ragazza sta vivendo una situazione persino peggiore. E’ disgustoso vederla indifesa al centro di un’attenzione malata».
«Non ho voluto guardare nulla dei mondiali. Faccio anche parte dell’associazione "vittime del doping di Stato" e sto alla larga dallo sport».
«Penso che il doping ci sia ancora, ai tempi della Ddr facevamo grandi risultati con l’aiuto di sostanze che ci massacravano il fisico e non mi pare che le prestazioni siano cambiate quindi significa che è sempre tutto marcio».

«Tutti record sono dopati . E non solo quelli dell’atletica».

«Ho i miei dubbi che possa esistere un fenomeno capace di realizzare i tempi di Bolt ed essere pulito. Potrei sbagliare, è ovvio che non ho nessuna prova però sono scettico.
So come funziona, so che ci drogavano e che le misure non sono scese e i tempi non sono saliti, anzi».
«Io non so nulla su Bolt, è che non credo nel sistema»
.

lunedì 17 agosto 2009

Sonno o insonnia?

Pasta, orzo, riso e pane, ricchi di un aminoacido, il triptofano, che favorisce la sintesi della serotonina, il neuromediatore del benessere e il neurotrasmettitore cerebrale che stimola il rilassamento, legumi, uova bollite, carne, pesce, formaggi freschi, frutta dolce di stagione, ricca di zuccheri semplici, lattuga, radicchio rosso e aglio, con le loro spiccate proprietà sedative che conciliano il sonno, zucca, rape e cavoli, un bicchiere di latte caldo, prima di andare a letto, formaggi freschi e yogurt, favoriscono il sonno e aiutano l’organismo a rilassarsi, attenuando insonnia e nervosismo.
Anche un buon dolcetto ricco di carboidrati semplici ed infusi e tisane dolcificati con miele creano un’atmosfera di relax e di piacere che distende la mente.
Mentre alimenti conditi con curry, pepe, paprika e sale in abbondanza, salatini, alimenti in scatola con conservanti e minestre con dado da cucina rendono più difficile addormentarsi.
Circa 12 milioni gli italiani soffrono di disturbi del sonno, in aumento con i cambi di stagione, in particolare con l’arrivo della primavera, che provocano pericolosi effetti sulla salute, sulla qualità della vita, stanchezza diurna e depressione.
L’alimentazione è dunque in stretto rapporto con il sonno; ci si addormenta difficilmente a digiuno o comunque non sazi, ma anche nei casi di eccessi alimentari, con cibi pesanti o con sostanze eccitanti, cioccolato, cacao, the e caffè e superalcolici, si passa tanto tempo a contare le pecore ... per prendere sonno!

giovedì 13 agosto 2009

Orchidee

Da oltre 20 anni coltivo orchidee. Ho iniziato per caso, con una cymbidium, quando questi meravigliosi fiori esotici erano quasi sconosciuti e carissimi.
Questa, nelle foto qui accanto, è l'ultimo acquisto, di alcune settimane fa: una bellissima cambria bianca dalle sfumature lilla
Le cambrie e le cymbidium sono facili da coltivare, con poche esigenze: un locale ben aerato, ma con una luce non diretta del sole, dai 5 ai 15-16 gradi, anche in inverno, acqua, mai in eccesso, una volta alla settimana o spruzzata con un nebulizzatore quando necessario e un pizzico di concime liquido specifico al massimo due volte all'anno, in autunno e all'inizio della fioritura
Ma io ne anche di più rare, belle ed affascinanti, che vivono da anni in semplici vasi di terracotta, riempiti solo di tanti pezzettini di corteccia

Esseri prodigiosi,
inverosimili,
figlie della terra sacra
e
dell’aria impalpabile
Guy de Maupassant
Le orchidee da decenni tengono occupata non solo la letteratura, ma anche il grande schermo: dal bellissimo film «Niente Orchidee per miss Blandish» di Robert Aldrich, a «Alla ricerca dell’orchidea maledetta», da «Orchidea nera»fino a «Orchidea selvaggia».
Sembra incredibile ma attualmente, mentre a livello internazionale la floricoltura, per via della crisi economica, subisce una battuta di arresto, le orchidee, con il loro stelo sottile ed i petali vellutati, sono le piante fiorite in vaso più vendute nel mondo
E sono ormai tantissime, tanti ibridi di tutti i tipi e di tutti i colori, sfumature e forme
Una vera manna per gli appassionati di questo fiore, in passato proibito perchè considerato troppo erotico!

Nuovo concerto dei New Jersey

Dave, Teo, Ale, Andy e Gil, i New Jersey , tornano a cantare a Omegna, in piazza Giardini, sabato 15 agosto, a partire dalle ore 21.00

Lo scorso agosto a San Vito, ho assistito al loro concerto, molto emozionante, un bellissimo spettacolo con le musiche dei Bon Jovi
La band è nata nel dicembre 2006, per volontà di Dave, il vocalist, Teo, alla chitarra, e Ale, il batterista, tutti fans dei Bon Jovi.
La band ha esordito il 18 maggio 2007 ma la formazione è diventata definitiva solo alla fine del 2007 con l'entrata di Andy, alle tastiere, e di Gil, al basso, e da allora ha riscosso sempre maggiore successo da parte del pubblico
Nel 2008 i New Jersey si sono esibiti al mitico Legend 54 di Milano e in prestigiose feste di piazza, tra cui "San Vito" ad Omegna davanti ad un pubblico di oltre 5000 persone.
Questo concerto è stato ripreso in diretta su 2 maxischermi ed è diventato il primo DVD live ufficiale della band, un'estratto del quale è visibile anche nella pagina "video" del loro sito.

Un augurio ai "mitici" Ale e a Teo ed ai loro 3 compagni per un altro grande successo di pubblico sabato sera ! erica

lunedì 10 agosto 2009

Pink Floyd Ballet


La mia passione per il balletto e per la musica mi ha portata, giovedì 2 luglio, alla Scala di Milano a vedere Pink Floyd Ballet.
Ne avevo sentito parlare in passato, di questo balletto moderno, quando fu veramente mitico il suo debutto, nel 1973, al Palais des Sports di Marsiglia, con quel connubio fra la danza accademica e la musica dal vivo dei Pink Floyd: un vero balletto rock che solo la mente aperta del grande coreografo Roland Petit aveva potuto concepire, conquistato dalla potenza evocatrice del pop visionario dei Pink Floyd di quegli anni.
Petit tradusse sulle punte e nei movimenti e nei corpi stessi dei ballerini l’energia di quella musica, in una caleidoscopica inondazione di luce ed effetti laser degni delle più note sperimentazioni live della band inglese.
Nel tempo i quattro movimenti iniziali si sono ampliati e il balletto, nella sua struttura più articolata, è stato rappresentato praticamente in tutto il mondo.
Qui in Italia è finalmente arrivato alla Scala per la prima volta in forma integrale a fine giugno.
E' stato uno spettacolo meraviglioso.
Novanta minuti di pura danza senza alcuna interruzione, con Svetlana Zakharova e Massimo Murru , Altankhuyag Dugaraa , Guillaume Côté, Mick Zeni , Antonino Sutera e il Corpo di Ballo
Un balletto decisamente al maschile, con le bellissime musiche dei Pink Floyd: Run Like Hell (da: The Wall) ** Money (da: The Dark Side of The Moon) ** Is There Anybody Out There? (da: The Wall) ** Nobody Home (da: The Wall) ** Hey you (da: The Wall) ** One of these days (da: Meddle) * Careful with that Axe, Eugene (da: Relics) * When you’re in (da: Obscured by Clouds) * Obscured by Clouds (da: Obscured by Clouds) * The Great Gig in the Sky (da: The Dark Side of the Moon) *** Echoes (da: Meddle) * Run Like Hell (da: Is there Anybody Out There?) *** Echoes (da: Meddle) *
Sono rimasta affascinata da questo capolavoro, il più bel balletto che abbia mai visto, e al termine mi sono spellata le mani a forza di batterle perchè avrei voluto restare ancora delle ore a vederli danzare su quelle affascinanti musiche coinvolgenti, come i movimenti dei ballerini, così unici ed indescrivibili

Coppa del Mondo di Acroaria


Fino al 16 agosto Omegna è la capitale del volo mondiale con la 9° edizione di "Acroaria", la Coppa del Mondo di Acrobazia in volo deltaplano e parapendio.
In gara ci saranno piloti provenienti da tutto il mondo: America, Argentina, Spagna, Ungheria, Francia, Svizzera ed Iran.
Otto giorni di spettacolo, musica, stand gastronomici e competizioni uniche che quest'anno si affiancheranno al 1°Campionato Italiano Assoluto di Acrobazie in programma nelle giornate di lunedì 10 e martedì 11 agosto.
La manifestazione è organizzata dall'Associazione Sportiva" Voglia di Volo" in con il patrocinio del Comune di Omegna, della Provincia del Vco, della Regione Piemonte e del Distretto Turistico dei Laghi.

giovedì 6 agosto 2009

L'eresia di Fra' Dolcino

"Detto frate di nome Dolcino vensene a Gattinara, a Serravalle e altri luoghi vicini e cominciò a predicare di nascosto e astutamente seducendo con i suoi perversi insegnamenti molti, sia uomini sia donne. Cominciò a diffondere una setta perniciosa e un'eresia nuova piena di falsità ed errori,perversità ed insidie impensabili, accattivandosi con il suo insegnamento le anime degli ingenui ..."
da Historia di Fra' Dolcino di Pier Francesco Gasparetto edizioni Paoline 1987

"Di Dolcino non si sa quasi nulla.
C'è chi lo ha fatto nascere in Valsesia, chi in Val d'Ossola, chi in altre parti d'Italia, chi lo ha fatto figlio di prete, chi di nobile famiglia, chi lo ha assicurato onest'uomo, chi lo ha giurato ladruncolo fin dagli anni del seminario..."
Con certezza su Dolcino si sa solo che apparve ad un certo punto in Valsesia ( 1304 ? ) con pochi seguaci per trovarsi, dopo non molto tempo, a capo di un esercito composto di " mille et ultra", che contro di lui venne bandita una crociata, e che , alla fine, venne catturato, processato e condannato al rogo nell'anno 1307.
Pier Francesco Gasparetto, nato ad Andorno Micca, Biella, nel 1933, è stato per molti anni docente all'Università di Torino. Ho avuto il piacere e la fortuna di dare con lui degli esami di letteratura inglese, quando studiavo alla Facoltà di Lingue straniere.

martedì 4 agosto 2009

I silenzi degli innocenti

Il 2 agosto 1980 ero in Francia.
Mia mamma mi telefonò il giorno dopo per comunicarmi che purtroppo quel mattino alle 10 e 25 alla stazione di Bologna c'era anche una persona amica, un vicino di casa dei miei anni d'infanzia e d'adolescenza, una persona squisita e sempre gentile con noi ragazzi, amici di suo figlio
Fu un vero choc per me quel maledetto sabato 2 agosto 1980, con la morte di Amorveno Marzagalli, come fu sempre uno choc incomprensibile la lotta armata dei terroristi di quegli anni, rossi e neri, in particolare degli ultimi anni settanta, passati da me a Torino, dove all'università e in via Po il destino mi fece passare vicino ad alcuni di quei giovani, armati di molotov e di spranghe, che erano così lontani dal mio modo di essere e di pensare e di vivere.
Quella morte, e quella strage, insensata è rimasta sempre nel mio cuore e ad ogni anniversario mi ritorna la rabbia e la tristezza di quel giorno di tanti anni fa e l'amarezza perchè non fu mai fatta piena luce sui colpevoli e sui mandanti

Valerio Fioravanti, l’ex terrorista di destra, fondatore dei Nar, pluriergastolano, condannato anche per la strage di Bologna, è un uomo libero dallo scorso aprile. Da quando cioè è scattato il termine dei cinque anni di libertà condizionata che ha estinto la pena.
Una libertà contestata dai familiari delle vittime e da alcuni politici che parlano di «liberazione vergognosa». Fioravanti - che si è sempre dichiarato innocente per la strage di Bologna per la quale è stata condannata anche la moglie Francesca Mambro - non commenta
Mario Adinolfi, membro della direzione nazionale del Pd, ha affermato che «la sua è una libertà vergognosa. Fioravanti è responsabile per sentenze passate in giudicato della morte di novantadue persone e del ferimento di altre duecentoventicinque, è il peggior assassino della storia di questo paese ed oggi è libero».
Per Stefano Pedica (Idv), la liberazione di Fioravanti «sciocca e ferisce perchè dimostra che la certezza della pena in Italia non esiste nemmeno per i reati più terribili, e che il nostro Stato non fa nulla per assicurarla davvero. Dopo la bomba esplosa 29 anni fa, oggi è partito un nuovo colpo, indirizzato alle famiglie delle vittime e a tutti quelli che credono che la democrazia si basi su trasparenza e responsabilità, due cose che ancora mancano del tutto alla tragedia di Bologna».
A Fioravanti «non doveva essere concessa la libertà condizionata perchè si sa che dopo cinque anni, una persona è automaticamente libera. Questo prevede la legge». dichiara il presidente dell’ Associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto, Paolo Bolognesi, che contesta anche la Mambro, che sarà libera nel 2013 : «perchè sono stati zitti in questi anni, non hanno detto tutto quello che sapevano sulla strage».

Io sono tornata a riprendere in mano un libro che avevo letto due o tre anni fa, estremamente interessante e documentato, sempre attuale per l'argomento trattato:
"I silenzi degli innocenti" di Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, ed Bur 2006
Giovanni Fasanella è un giornalista ed ha scritto molti libri che parlano della nostra storia recente, i più importanti dei quali sono secondo me "Segreto di Stato" e "Guido Rossa, mio padre", insieme con la figlia del sindacalista genovese ucciso dalle Brigate Rosse ( la mia recensione del libro è postata nell'altro mio blog, Penseri in Libertà, sezioni Frammenti di memoria e Libri )
In questo sono state raccolte le testimonianze dei superstiti o dei familiari delle vittime delle stragi e degli attentati che insanguinarono per decenni l'Italia e delle persone rapite, gambizzate, giustiziate dal terrorismo rosso.
E' un libro costruito sui silenzi, sulla memoria, sull'intollerabilità di certi ricordi che ha dato la possibilità di parlare a chi non l'aveva mai avuta.
Perchè per anni hanno parlato e scritto solo i protagonisti negativi degli anni di piombo, mentre le vittime e i loro familiari sono invece stati completamente dimenticati.
Rileggere le loro storie e le loro verità mi ha di nuovo fatto male e mi ha provocato una grande emozione mista a rabbia per come sono andate le cose, per l'oblio sceso sulle vittime, che non hanno quasi mai avuto completa giustizia
" A volte arrivo a pensare che quello che fecero durante gli anni di piombo è assai meno devastante di quello che stanno facendo oggi per occultare la verità. E quello che fa ancora più rabbia è che lo fanno con gli strumenti di quello stesso potere che ieri volevano abbattere con le armi " Le parole di Giovanni Berardi, figlio del maresciallo di Ps, ucciso dalle Br a Torino il 10 marzo 1978, rappresentano al meglio la realtà ed i pensieri di tutti gli intervistati.
L'appendice al libro riporta queste poche frasi significative :

" Gli elenchi delle Vittime del Terrorismo sono tratti dal sito ufficiale dell'Associazione Nazionale Vittime del Terrorismo. Non sono completi perchè nemmeno per l'Associazione è facile avere dal Ministero degli Interni gli elenchi aggiornati.
L'elenco dei morti nelle quattordici stragi avvenute in Italia dal 1° maggio 1947 al 27 luglio 1993 è tratto dal Circolo Culturale Carlo Perini di Milano. In questo caso è addirittura impossibile un elenco ufficiale di tutti i feriti
"

E ancora più significativa è l'introduzione dei due autori , di cui riassumo qui la parte secondo me più importante per capire le interviste e gli argomenti trattati:
" Oggi sono le vittime...a chiedere di distinguere chiaramente da che parte stanno gli innocenti e da che parte i colpevoli.
A chiedere di poter raccontare la loro versione dei fatti.
Non la versione dei brigatisti, non quella dello Stato che - per una strana eterogenesi dei fini - spesso corrispondono.
Ma la verità delle vittime che con grande compostezza e dignità non cercano commiserazione, né benefici, né privilegi.
Non vogliono una pacca sulla spalla da nessuno, chiedono giustizia.
Perchè hanno subito una giustizia incompleta, lacunosa, che li ha lasciati con l'amara sensazione di essere stati colpiti due volte.
La seconda dallo Stato.
Chi sono i responsabili delle stragi di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, dell'Italicus?
Chi sono gli assassini del giudice Coco?
Come è possibile che si parli di errore giudiziario per la strage di Bologna? ...
Non un solo caso tra quelli esaminati appare senza ombre.
Eppure si continua a scrivere che tutto è stato chiarito, che non c'è più niente su cui indagare.
Le vittime invece - pur avendo piena consapevolezza del fatto che, a distanza di tanti anni, è impossibile ottenere una verità giudiziaria piena, perchè ormai molti reati sono caduti in prescrizione, molte prove sono state cancellate o occultate, molti testimoni non ci sono più - vogliono trovare una risposta a quei perchè.
Una risposta che va cercata al di là dei muri di gomma innalzati dalle istituzioni, dentro gli armadi di ferro dei segreti dello Stato.
Insieme al bisogno di giustizia emerge il bisogno di verità.
Non c'è stata piena giustizia perchè non c'è stata piena verità...
Solo la verità esauriente e completa può indicare alle vittime la via del perdono.
Dal1969 al 1987 - con colpi di coda del terrorismo fino agli omicidi di Massimo D'Antona e Marco Biagi - i morti ammazzati, i gambizzati, i rapiti sono susseguiti in maniera impressionante.
Queste morti aspettano ancora verità.
La verità storica a cui si può arrivare solo con l'accesso alla documentazione contenuta negli archivi blindati, convinvendo a parlare quei pochi protagonisti e testimoni diretti rimasti in vita.
Per questo partono dalle vittime due richieste unanimi.
Una alle istituzioni che sia abolita l'eternità del segreto di Stato ( in nessun Paese democratico la sua durata è illimitata ), che siano declassificati i documenti e resi accessibili agli studiosi.
L'altra al mondo dell'informazione: che scavi nelle pieghe del non detto, del taciuto, che non si accontenti della verità di Stato, che non si trinceri dietro a presunte verità di comodo...
Rimuovere il segreto di Stato, laddove non sia davvero in gioco la sicurezza nazionale, è il passaggio obbligato per uscire dall'anomalia italiana.
Quello di un Paese in eterna rimozione...
Di una democrazia immatura che non sa fare i conti con gli errori e gli orrori della propria storia.
Come le vittime hanno affrontato il loro percorso di rimozione, superandolo, oggi lo Stato deve dimostrare di sapere e potere fare altrettanto.
La guerra fredda è finita...rimuoverla /la guerra fredda/ completamente non è stata davvero la scelta migliore.
Perchè cessato il pericolo, scomparso il nemico, sono rimste intatte una cultura, una psicologia, un costume di quell'epoca.
Resiste un sottofondo di illegalità diffusa, difficile da arginare e destinato a tornare a galla costantemente..."

Un libro importante per non dimenticare la memoria del nostro passato recente, un passato di sangue e di dolore e di sofferenze, che non può essere cancellato.

... e la memoria

"Dopotutto, sono fortunata.
Tornare alla vita, dopo venti mesi di lager, mi ha dato un'altra dimensione di me.
La sofferenza è stata così atroce che i valori, di colpo, si sono ribaltati.
Solo alcuni hanno fondamentalmente importanza...soltanto dopo."
"...Ho pianto molto anche dopo. Perchè, dopo, è accaduta una cosa che non immaginavo.
Io, come tutte noi donne del lager, immaginavo il ritorno come una grande festa, un grande calore, una consolazione dove, finalmente, qualcuno ci coccolasse, medicasse le nostre ferite interiori, guardasse con pena, e partecipazione, agli squarci che avevamo dentro.
Invece, accadde il contrario.
Tutti, soprattutto la mia mamma, erano felici di rivedermi.
Ogni giorno, da loro, ricevevo un mucchio di tenerezze e di attenzioni.
Ma non potevo parlare. Basta, basta, mi sgridavano, anche se con affetto.
Basta parlare,raccontare, rivivere..."
" Io, qui dentro, ho un grande fardello. Ho sei milioni di morti, qui dentro. Ho un milione e mezzo di bambini mandati alle camere a gas. Ed è un fardello pesante. Insopportabile, a volte.
Però nessuno ha voluto dividere con me questa pena...
Non c'erano orecchie per me, per noi che eravamo tornati dall'inferno...
vorrei che la memoria continuasse.
Perchè l'orrore non si ripeta.
Perchè lo trovo giusto.
Per i sei milioni di morti: che non devono rimanere soli.
Perchè io li ho visti, i morti.
Nelle cuccette luride delle camerate.
Ai bordi di un campo di lavoro.
Ammucchiati su carretti...
Dimenticare? Mai. Sarebbe come lasciare ancora più soli tutti quelli che non sono più ritornati. E neppure perdonare, si può.
Innanzitutto, il perdono, a noi, non l'ha chiesto nessuno.
Non ce lo può chiedere una nazione, un partito, una collettività.
Solo i responsabili, potevano farlo.
Ma nessuno ha mai ammesso: io sì, io ho fatto, io ho ordinato..."
da Il perdono e la memoria di Edgarda Ferri Rizzoli editore 1989 prima parte: Olocausto Storia di Giuliana Tedeschi
Arrestata a Torino, Giuliana Tedeschi fu inviata ad Auschwitz con il marito Giorgio, scomparso in una di quelle marce terrificanti alla quale i prigionieri furono obbligati negli ultimi tempi del Reich nazista, e la suocera, subito portata a morire nelle camere a gas all'arrivo del convoglio.
Al ritorno ritrovò le figlie Erika e Rossella, lasciate piccolissime ad una cameriera, e riprese ad insegnare latino e greco al ginnasio. Scrisse in un bellissimo e toccante libro alcuni dei suoi ricordi

Il perdono...

" Paola Rosselli aveva sette anni quando suo padre e suo zio, Nello e Carlo, furono uccisi in un bosco dietro la cittadina termale di Bagnoles de l'Orne. I killer erano francesi. Mandante:Galeazzo Ciano...
Nello Rosselli era andato a Bagnoles sur l'Orne ai primi di giugno del 1937 per salutare il fratello Carlo, esule in Francia. Anche lui era ricercato e tutti e due conducevano da molto tempo una vita randagia e clandestina.
Paola ricorda poco del padre, sempre fuori casa, ma affettuosissimo coi figli e la moglie.Fermi nella sua memoria, la frenata sulla ghiaia del giardino dell'automobile, che Nello guidava spericolatamente, ed il suo passo veloce nel corridoio, prima di abbracciare la famiglia con allegria...
non è il dolore della notizia della morte del padre, che Paola ricorda.
" Eravamo troppo lontani dall'idea della morte, ed ancora non capivamo bene che cosa fosse. Infatti, anche molti giorni dopo, sentendo stridere sulla ghiaia le ruote dell'automobile, sia io che i miei fratelli balzavamo in giardino credendo che il babbo fosse tornato. Piuttosto fummo presi da un'ossessione sottile e implacabile.
Dopo essere state mandate fuori dalla stanza della mamma, io e mia sorella Silvia ci ritrovammo a guardarci, immobili,sotto un albero del parco.
Non piangevamo.
Eravamo, al contrario, rimaste come impietrite.
Finché, finalmente, una delle due non fece una constatazione e non chiarì, con sorpresa, la nostra nuova condizione: " Allora, noi siamo orfane". "
Il tempo ha soltanto attenuato la memoria del padre. Resta, intatto, il risultato di quella morte. Cinquant'annni dopo, Paola cerca ancora nella sua memoria, e in quella degli altri, l'uomo che non ha amato e conosciuto abbastanza..."
da Il perdono e la memoria di Edgarda Ferri Rizzoli editore 1989