giovedì 23 aprile 2020

25 aprile Resistenza

Sabato è il 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo. Tutte le celebrazioni saranno on line quest'anno. La Casa della Resistenza di Fondotoce ha organizzato, online,un vasto programma
Basta cliccare qui per leggere l'articolo con tutto il programma.
Sono passati 75 anni da quel giorno  ma mia mamma, che spesso ormai dimentica tante cose e in certi momenti chiede chi sei, perché a 96 anni la memoria è ballerina, ancora spesso parla della guerra
Una guerra per lei dolorosa perché hs vissuto in prima persona tanti orrori che anche qui sono accaduti, purtroppo.
Lavorava alla Cobianchi, la ferriera che ora non c'è più, era impiegata e negli uffici doveva convivere con i fascisti che avevano lì il presidio.
C'era anche un ufficiale SS tedesco, un altoatesino giovanissimo di cui aveva un sacro terrore perché disumano, come lo definisce lei.
E poi di notte andava in ospedale, il vecchio ospedale di Omegna, usato attualmente per la sanità e per uffici, con le suore nelle cantine a curare i partigiani feriti. Aveva frequentato dei corsi a Novara ed aveva un diploma, rosicchiato anni dopo dai topi che in solaio erano entrati silenziosi ed affamati.
Un rischio grave per lei e per le suore perché sopra erano ricoverati i fascisti feriti.
Per anni quando incontravamo il Dario Cola, lui ricordava sempre l'aiuto prezioso dell'amica Ada. E il Bortolo Consoli veniva spesso a casa a trovarla. Io posseggo ancora alcuni libri che mi ha regalato pochi anni prima di morire, un dono prezioso per me che nel corso degli anni ho creato una vasta collezione  di libri sulla guerra e soprattutto  sui sopravvissuti e le loro esperienze nei campi di concentramento  e di sterminio 
Dopo la sanguinosa battaglia di Gravellona, è salita a Chesio in Valle Strona con la sua amica Luisanna, di Gravellona, ed altre donne mandate da don Annichini, a curare i feriti partigiani. Un massacro di sangue che non ha mai dimenticato. Ne parlava spesso fino a pochi anni fa. Lei è tornata a casa il giorno dopo, con la macchina della volante rossa ed il dottor Balconi, perché non voleva che ci fossero rappresaglie sui genitori, in particolare su mio nonno Filippo, che era il responsabile della manutenzione dei forni della Cobianchi e parlava il tedesco, essendo stato a lavorare in Germania prima della prima guerra mondiale, e che , quando c'erano guasti in fabbrica o problemi ai forni, doveva restare anche con il coprifuoco per poi essere riaccompagnato a casa da due anziani soldati tedeschi della Werchmat, di servizio in fabbrica. Quando rientrava a notte fonda mia nonna Maria, rimasta ore in apprensione, li sentiva fin da quando erano nella futura via Bariselli / nome dato alla via di Crusinallo dopo la guerra a ricordo dei partigiani fratelli Bariselli assassinati dai fascisti/ perché cantavano tutti e tre in tedesco....
La sua amica Luisanna che lavorava anche lei alla Cobianchi,  rimase invece a Chesio ed accompagnò i partigiani sopravvissuti in Ossola attraverso le montagne e poi in Svizzera e rientrò a casa solo nel maggio 45.
Un altro ricordo molto doloroso per mia mamma fu l'episodio della fucilazione dei tre partigiani sul Largo Cobianchi perché quando li portarono in obitorio in ospedale lei era lì con una delle suore e riconobbe subito uno dei tre, un suo coetaneo compagno di scuola. Ha sempre detto che per lei era ancora vivo mentre la suora ha continuato a dirle che era già deceduto, ma che erano i nervi che lo facevano sussultare, visto la sua giovane età 
E ancora adesso ogni tanto si sveglia di notte urlando per una pistola. La pistola che un giovane fascista ubriaco le ha puntato adosso vicino al ponte sullo Strona, mentre andava al lavoro un mattino d'inverno, perché aveva ai piedi degli scarponcini robusti e comodi. Il fascista ha continuato a puntarle addosso la pistola dicendole che era di sicuro amica dei partigiani con quegli scarponcini lì... in effetti era nevicato tanto quell'inverno e mio nonno le aveva procurato scarpe solide per andare al lavoro a piedi !
Sono stati anni molto difficili quelli della guerra anche qui e sono morti tanti giovani che hanno dato la vita per la libertà su in montagna.  Ed altri sono rimasti feriti conservando su di sé ed in sé ferite profonde
Come l'amico d'infanzia di mia mamma, che per anni è vissuto qui vicino a noi, l'Ivano, ed è mancato un paio di anni fa anziano e con ancora una pallottola fascista a pochi millimetri dal cuore, a ricordargli per sempre la battaglia fatta in Valle Strona, quando furono attaccati dalle truppe fasciste ed SS, provenienti dalla Val Sesia. Feroci e ben equipaggiati e preposti all'assassinio dei giovani partigiani italiani.
Mia mamma ha sempre parlato della guerra in casa e per anni siamo andate a Crusinallo il mattino del 25 Aprile al cimitero di Crusinallo ad ascoltare la messa, ma non è mai entrata in politica e mai nessuno è venuto a chiederle un ricordo....
Hanno pubblicato recentemente libri  di chi ha fatto il partigiano ... andando in Svizzera il prima possibile
Quando le ho acquistato quel libro e lo ha letto, si è infuriata tremendamente perché quel signore aveva scritto che le donne che erano salite a Chesio erano " scappate" via ed erano tornate subito a Omegna !!!
Se lo avesse avuto sottomano sicuramente avrebbe passato un gran brutto quarto d'ora perché per giorni ha conrinuato a borbottare che lei aveva rischiato la pelle e i miei nonni avevano rischiato di farsi bruciare la casa per essere andata a curare i partigiani per due anni e passa e guarda un po'" quell'asino" cosa era andato a scrivere. Era tra l'altro rimasta solo lei di quelle donne perché né la Luna né la Teresita né le altre quattro o cinque, più anziane, erano morte, come non c'era  più  neppure la signora Pina Rizzoni di Cireggio, che sapeva tutto di loro.
Ed era già morto anche mio papà che lei aveva sposato nel 1951.
Mio papà era un IMI , un internato militare italuano, uno schiavo di Hitler, uno dei soldati che dopo l'otto settembre  1943, fu preso dai nazisti e mandato in campo di concentramento. Si è sempre rifiutato di firmare e di ritornare in Italia nelle milizie fasciste. Anche se con tanti anni di ritardo e anche quando molti di loro erano ormai morti, sono stati riconosciuti finalmente come resistenti al Fascismo.
Di lui mi restano le medaglie e l'attestato ricevuto dal Presidente Pertini e dal ministro Spadolini per essersi opposto al Fascismo ed aver patito tutti gli orrori dei campi di concentramento nazisti, dalla Polonia delle miniere di Bialistock, Buslau e Breslau, a Gorlitz in Germania, a Torgau, dove di là  dai reticolato vedeva altri uomini mal ridotti peggio di lui con delle lercie casacche a righe,  e ad un lungo percorso di campi e sotto campi negli ultimi mesi della guerra, quando i nazisti si ritiravano, fino alla liberazione da parte di un contingente canadese vicino al mare del nord nel maggio 45.
È ritornato a casa in Val di Susa nel settembre 45 quando ormai sua mamma e le sue due sorelle disperavano di rivederlo vivo.
Ha conservato per tutta la vita le cicatrici delle schegge prese durante un bombardamento ad un campo da parte degli alleati e i segni dei morsi di un cane, usato dai nazisti per recuperare i prigionieri scappati dalle baracche di legno durante un altro bombardamento, sul polso sinistro. Incubi che ha cercato di seppellire in una vita normale e teanquilla divisa tra il lavoro la famiglia e la passione per lo sci, ma che ogni tanto riaffioravano, in particolare nell'ultimo periodo in cui ammalato e grave è tornato a ricordare orrori che aveva sepolto nella mente per anni.
Chi è  vissuto con queste persone sopravissute a tante brutalità, mia mamma, mio papa,  mia nonna, che quando al giovedì  andava al mercato fu più  volte rastrellata dai fascisti e portata alle scuole do Omegna, dove io ho passato buona parte della mia vita lavorativa, in ostaggio, non può  che festeggiare sempre e comunque il 25 aprile. E sabato alle 15, come ha chiesto l' Anpi, canterò insieme con lei Bella Ciao, che spesso cantiamo anche la sera prima di addormentarci. Per non dimenticare che la nostra libertà è  nata grazie ai sacrifici di tutti loro.

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