domenica 24 marzo 2013

Il Cuore nuovo di Emma

«Emma non è più arrabbiata». Papà Guillermo sorride, accarezzando la figlia appena dimessa dal reparto di Rianimazione dell’ospedale infantile Regina Margherita. La bimba di 3 anni e mezzo sottoposta esattamente una settimana fa al trapianto di cuore - dopo un anno legata a un organo artificiale perchè affetta da una cardiomiopatia dilatativa, patologia incurabile se non con un trapianto- è serena da quando può stare di nuovo tutto il giorno con papà o mamma, dopo l’intervento durato 11 ore.
«Era arrabbiata e nervosa, in rianimazione - racconta il padre - perché né io né mia moglie potevamo rimanere a lungo accanto al suo letto, ma ora è di nuovo contenta, anche perché sa che presto potrà tornare a casa a giocare con la sorellina e con il suo cane Black».
Giorno dopo giorno, la tensione si allenta, come la i medici non hanno ancora sciolto la prognosi: fra una decina di giorni la piccola dovrà essere sottoposta a una biopsia cardiaca per scongiurare il rischio di rigetto, e solo a quel punto si potrà forse dare un tempo preciso al suo ritorno a casa.
È molto debole, Emma, sotto l’effetto di farmaci potentissimi. Debole ma finalmente libera dai tubi e da quella macchina grossa come un condizionatore dell’aria che l’ha fatta vivere, ma l’ha contemporaneamente costretta per 370 giorni a restare chiusa nella sua stanza di isolamento in Cardiochirurgia, dov’è tornata ieri mattina dopo sette giorni di terapia intensiva.
da La Stampa online

 La  storia di Emma è una storia toccante che ha avuto un esito positivo . Infatti parecchie settimane fa avevo letto sul quotidiano la sua storia triste di piccola bimba ammalata, costretta a vivere attaccata ad un grosso macchinario, che però stava per esaurire le sue funzioni. Se Emma non avesse trovato un donatore in tempi brevi, avrebbe anche potuto morire. Era una bimba infelice ed ammalata ed aveva chiesto di poter riabbracciare per una volta almeno il suo amato cane spinone di 24 chili, suo inseparabile compagno di giochi prima di entrare in ospedale. I medici le avevano dato il permesso e Black era stato accompagnato nella sua stanza di terapia intensiva, dove Emma aveva ritrovato il sorriso ed aveva potuto tornare a giocare con il suo cagnone adorato
Non sempre i miracoli succedono, ma questa volta sì. Un bimbo ligure di 5 anni e mezzo è morto per un’encefalite ed i suoi genitori  hanno donato gli organi : il cuore del bimbo è stato dato a Emma in quanto compatibile
 
 La mamma del piccolo donatore ha scritto una bellissima lettera al quotidiano La Stampa e non ci si può non commuovere a leggerla  perchè questa donna che ha perso il suo piccolo, ha avuto il coraggio di pensare ad altri bambini che avrebbero potuto tornare a vivere grazie al suo  non egoismo
 " Due grandi occhi celesti ed intensi che incantavano chiunque li incrociasse, questa era la cosa che colpiva di più di Cesare. Un bel visino con un’espressione dolce che trasmetteva tenerezza.
Era un bambino buono di carattere, Cesare, un po’ capriccioso, a volte, come lo sono i bambini della sua età (cinque anni e mezzo), ma estremamente solare. «Tuo figlio ha sempre il sorriso», mi diceva spesso chi ci incontrava durante le nostre passeggiate.
E poi era vivace, esuberante, sempre di corsa, pieno di gioia di vivere.Eppure ne aveva passate tante quel piccolino, era già stato male altre volte, la prima volta che era finito in rianimazione non aveva ancora sei mesi. Ma aveva combattuto come un leone e ne era uscito.
 Per ben tre volte era riuscito a sconfiggere il suo nemico, una malattia tanto rara quanto sconosciuta, causata da una mutazione genetica che lo predisponeva a pericolose reazioni autoimmuni in presenza del virus anche più banale. Aveva sempre vinto le sue battaglie ed era riuscito a lasciarsi tutto alle spalle, tornando a essere un bambino felice, sereno.
Questa volta no, questa volta non è riuscito a contrastare l’attacco subdolo ed incredibilmente aggressivo del suo nemico, che in pochi giorni se l’è portato via, strappandolo impietosamente ai suoi affetti più cari. Non ce l’ha fatta, Cesare, nonostante i medici abbiano tentato l’impossibile per salvare la sua piccola e preziosa vita.
I giornali hanno scritto che, quando ci hanno chiesto se eravamo disposti a donare i suoi organi, non abbiamo avuto esitazioni nel dare il consenso. Non è vero.
Per me mamma è stata una decisione sofferta. All’inizio ho detto un no secco, categorico. Mi avevano appena comunicato che il mio bambino non ce l’avrebbe fatta, che sarebbe stata solo questione di tempo, forse addirittura di poche ore. Ormai l’attività elettrica del suo cervello era cessata.
Difficile descrivere le emozioni che si sovrappongono nell’animo di una mamma a una notizia del genere. Disperazione, strazio e rabbia, tanta tanta rabbia. E poi il mio piccolino ne aveva già subite troppe in quei giorni, persino un intervento alla testa, una «derivazione» che doveva servire a diminuire la pressione intracranica. Anche questo si era rivelato inutile.
Non volevo che lo toccassero più il mio bambino, volevo solo che lo lasciassero stare in pace. Poi è subentrata la rassegnazione, la consapevolezza che, una volta staccato il respiratore, tutto sarebbe finito e il suo cuoricino avrebbe cessato di battere per sempre. Così, mio marito e io ne abbiamo parlato con calma e abbiamo pensato che forse quello di donare i suoi organi era l’unico modo per dare un senso alla nostra enorme tragedia, l’unico modo per non perdere Cesare totalmente e permettere che una o più parti di lui continuassero a vivere, nonostante tutto.
 Abbiamo ripensato a un articolo che solo un paio di giorni prima avevamo letto sul giornale, mentre eravamo nella sala d’aspetto della Rianimazione. Parlava di una bimba, non ricordavamo né il nome né dove era ricoverata, ma ricordavamo perfettamente che viveva attaccata a un cuore artificiale e che aveva ancora poco tempo a disposizione. Abbiamo pensato a quanti bambini potevano essere in quel momento nella stessa situazione e a quanti genitori stavano vivendo il nostro stesso dramma. Abbiamo deciso di dire sì.
Il nostro Cesare non c’era più e non sarebbe più tornato, ma grazie a lui altri bambini altrettanto sfortunati avrebbero potuto avere almeno una possibilità. Perché negargliela? In fondo il nostro bambino nella sua breve vita ha avuto la possibilità di essere felice; è stato immensamente amato, ha potuto assaporare la gioia di correre, giocare, divertirsi, essere libero.
Ora il nostro pensiero va a quei bambini che hanno ricevuto i suoi piccoli ma importantissimi doni. Ci auguriamo di cuore che grazie a Cesare possano cominciare una nuova vita, una vita che permetta loro di correre verso la felicità, proprio come faceva lui. "

Libera a Verbania

In occasione della celebrazione della XVIII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie,  si è svolta una fiaccolata la sera di giovedì 21 marzo a Verbania alle ore 20.30,con  partenza   da Palazzo Flaim e arrivo un’ora più tardi in piazza Ranzoni per la lettura dei nomi delle vittime delle mafie.
La serata è  stata organizzata dal coordinamento di “Libera:  "associazioni, nomi e numeri contro le mafie” della provincia del Verbano Cusio Ossola che, a un anno dalla costituzione, comprende una decina di realtà associazionistiche e organizzazioni del territorio.
Libera è un’associazione che agisce a livello nazionale, regionale e provinciale, e la sua fondazione, su iniziativa di don Luigi Ciotti, risale al marzo 1995, quando, dopo le stragi del 1992, la società civile volge verso una presa di coscienza. Libera intraprende  un percorso di antimafia sociale, attraverso la valorizzazione dei principi di legalità e giustizia contenuti nella nostra Costituzione.
Nel 1995 si ha l’istituzione del 21 marzo come giornata in ricordo delle oltre 800 vittime delle mafie perché «non ci può essere impegno, se non c’è memoria». La Giornata con la legge regionale 14/07 diviene una celebrazione regionale «al fine di promuovere l’educazione, l’informazione e la sensibilizzazione in materia di legalità su tutto il territorio».
Coordinamento provinciale Libera Vco   verbanocusioossola@libera.it

giovedì 14 marzo 2013

Un Papa di origini piemontesi


Jorge Mario Bergoglio, il  266mo Papa, eletto ieri sera dal Conclave dei Cardinali a Roma, è  nato il 17 dicembre  1936 a Buenos Aires. Primo Papa gesuita e primo Papa dell'America Latina, è di origini piemontesi
 La famiglia di papa Francesco è originaria di Portacomaro Stazione, frazione di Asti, proprio un piccolo fazzoletto di terra; fu una delle tante famiglie che nell'Ottocento lasciarono il Piemonte e partirono per le lontane Americhe, verso «la fine del mondo», come ha detto il nuovo pontefice affacciandosi su piazza San Pietro, in cerca di fortuna.
Ad Asti, la patria dei santi sociali, da don Bosco a San Giuseppe Marello e Giuseppe Cafasso, le campane hanno suonato a distesa. Il sindaco,che  a febbraio aveva invitato in città l'allora cardinal Bergoglio, ha detto ora «Quell'invito  resta valido, ma poiché ci rendiamo conto della quantità dei suoi impegni, sarà una nostra delegazione ad andare in Vaticano» .
Anche nel resto del Piemonte ieri sera, poco dopo le sette, le campane hanno annunciato l'elezione del nuovo Pontefice. Qui a Crusinallo il suono gioioso delle campane è stato un augurio di buon auspicio per un uomo che dovrà affrontare non pochi problemi in Vaticano
Auguri a Lui per un Pontificato lungo e innovativo

progetto C.U.R.A.

Prosegue il progetto C.U.R.A. presso i Centri per l'Impiego di Domodossola, Omegna e Verbania: si ampliano i servizi gratuiti volti all'incontro della domanda e dell'offerta di assistenza familiare.
IL PROGETTO C.U.R.A. (COLLABORAZIONE UNITARIA RETE ASSISTENZA FAMILIARE) è un'iniziativa di durata biennale, che s'incentra sull'apertura presso i tre centri per l'impiego della Provincia di sportelli per facilitare l'incontro tra domanda e offerta in materia di assistenza familiare, gestiti dalla cooperativa Anteo.
Rivolgendosi a questi sportelli le famiglie possono essere messe in contatto con assistenti famigliari rispondenti alle proprie esigenze, per gli/le assistenti familiari vi è l'opportunità di essere inseriti/e in una banca dati provinciale, da cui attingono i centri per l'impiego a fronte della richiesta di queste figure professionali.

Orario dello Sportello Assistenza Familiare: sede di OMEGNA Via IV Novembre 37, tel: 0323 61527 fax: 0323 63329
LUNEDI' dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 16.30
GIOVEDI' dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 16.30

mercoledì 6 marzo 2013

Uo sciopero di 70 anni fa


A  Mirafiori,  la rivolta operaia e lo sciopero delle fabbriche torinesi  del marzo 1943, con le  rivendicazioni economiche e l' opposizione al regime, diventarono  la prima mobilitazione di massa che portò successivamente alla Resistenza
La protesta nacque in una città piegata dai bombardamenti e dalla fame,  dove però la classe operaia non fascista  non ebbe alcuna paura
 Lo storico inglese Tim Mason ha definito quegli scioperi  « il primo atto di resistenza di massa di un popolo assoggettato a un regime fascista autoctono »  .
Dopo tanti anni ben pochi conoscono o ricordano gli scioperi di Torino  ma la storia di come si svolsero  è stata raccontata   da testimoni diretti come Umberto Massola, con il suo libro «Marzo’43, ore 10», Leo Lanfranco, Vito Damico e molti altri
Lo sciopero venne fissato per venerdì 5 marzo 1943 e la sospensione del lavoro doveva avvenire alle 10, al suono, come ogni giorno, della sirena d’allarme. 
Ma nel cuore industriale della città,  la sirena non suonò perchè la direzione era stata preavvisata.
Il contrattempo però non fermò la lotta e  all’officina 19 la fermata partì   pochi minuti dopo. Augusto Bazzani. che lavorava nel settore aeronautico della Fiat, raccontò che : «Il segnale non è azionato, ma gli operai smettono di lavorare e vanno verso l’uscita. Il caporeparto li richiama, ma non è degnato neppure di uno sguardo».
E Carlo Peletto, che era alla Fispa,  ricordò: «Noi abbiamo scioperato l’8 marzo. Non avevamo la sirena; si decise che il segnale lo avrei dato io fermando il mio tornio e girandomi verso i compagni di lavoro.  Fermai le macchine, mi girai e incrociai in un sol colpo gli occhi di tutti che mi puntavano: dopo pochi secondi tutte le macchine erano ferme». 
Come ricordano molti storici, la grande capacità dell’organizzazione comunista fu quella di veicolare in città la notizia della riuscita della manifestazione di Mirafiori, simbolo della resistenza operaia, tanto che il lunedì successivo 8 marzo lo sciopero riprese e si diffuse in gran parte delle fabbriche torinesi per poi  raggiungere il resto del Piemonte e arrivare a Milano. 
Come ricorda Roberto Finzi, nel suo libro «Marzo 1943 - Un seme della Repubblica fondata sul lavoro» (Clueb, Bologna) quell’anno 1943 fu un anno si svolta perchè  il 2 febbraio i sovietici vinsero a Stalingrado e il 9 febbraio gli americani a Guadalcanal. 
 Per l’Italia fu invece l’anno della caduta del fascismo, della successiva invasione nazista,  della repubblica di Salò e  della nascita della Resistenza, di cui sicuramente gli scioperi del marzo, che per metà mese  coinvolsero, per difetto, secondo  il regime fascista, 40 mila operai, furono l’inizio.
Gli operai chiedevano una indennità di carovita e il pagamento a tutti delle 192 ore di sfollamento, rivendicazioni economiche che si intrecciavano alla ripulsa della guerra e del fascismo, che furono duramente  pagati con  164 arresti e 37 deferiti al tribunale speciale. 

Rilancio del Distretto 33

In questi ultimi giorni ho letto piuttosto velocemente le notiziedel quotidiano riguardanti il nostro territorio perchè avevo poco tempo Tra le tante una ha attirato la mia attenzione :
"...  il «Distretto 33»  potrebbe rappresentare un'occasione di rilancio per l’economia dell’Ossola e del Verbano. ... l’amministrazione domese ha deciso di prendere al volo per sfruttare le opportunità che «Expo 2015» offrirà non solo alla Lombardia ma all’intero Nord Ovest. Un matrimonio d’interessi che il sindaco di Domodossola, Mariano Cattrini, non vuole lasciarsi sfuggire. Il progetto ha nella città milanese di Rho la porta d’accesso a Expo 2015 e in Domodossola la porta nord aperta verso l’Europa."
Speriamo che le amministrazioni locali riescano a portare a buon fine queste ipotesi di nuovi progetti futuri e che il lavoro e l'economia locale ormai in grave crisi possano riprendersi 
Un po' di fiducia e di speranza aiuterebbero molto

Camelie in mostra

Sabato 23 e domenica 24 marzo a Villa Giulia , a Verbania Pallanza , si terrà la Mostra nazionale delle Camelie
Sul Lago Maggiore e in buona parte del territorio del Cusio e del Verbano, la camelia è la regina dei fiori di inizio primavera e nella raffinata cornice dell'ottocentesca Villa Giulia, si possono  ammirare centinaia di varietà di bellissime camelie