Quando la corte d’Assise di Torino ha pronunciato la sentenza per il rogo della Thyssen, ho provato una grande emozione e mi sono commossa nel vedere il dolore dei familiari e dei compagni di lavoro trasformarsi in un sentimento di speranza nella giustizia perché finalmente hanno ottenuto quello che volevano dopo 3 lunghi e dolorosi anni di sedute in tribunale. La sentenza è stata una vittoria contro l'omertà e l' ipocrisia che anche alla Thyssen ha circondato i 7 morti sul lavoro, quasi fossero un inevitabile tributo da pagare al dio del profitto sempre e comunque, anche a costo di risparmiare sui sistemi di sicurezza e sulle vite dei lavoratori.
Tutto si è svolto con dignità, senza urla, proteste, manifestazioni pubbliche, polemiche o quant'altro è di moda ...
Il giudice Guariniello ed i suoi colleghi sono andati a caccia dei colpevoli, ma hanno anche ricostruito l’organizzazione del lavoro, le condizioni interne all’impianto ed hanno raccolto decine e decine di testimonianze, ristabilendo il contesto nel quale è maturata l’esplosione mortale.
Hanno saputo di allarmi trascurati, di impianti non verificati, “tanto la fabbrica doveva essere chiusa e trasferita a Terni”, persino un intervento del costo di venti mila euro ritenuto eccessivo, una spesa da tagliare, un costo da comprimere.
Alcuni dei dirigenti condannati sono rimasti increduli per essere stati condannati per aver fatto quello che tanti altri fanno, perché è normale comportarsi così, perché non si può stare a sottilizzare sulla sicurezza, perché lo dice anche il governo che bisognerebbe ridurre i controlli ed i diritti che la Costituzione e lo Statuto dei lavoratori hanno previsto.
Questa sentenza invece ricorda a noi tutti che la Costituzione esiste ancora, nonostante tutto, che i diritti non possono essere venduti e svenduti, che il diritto alla vita non può mai andare in prescrizione, che la ricerca dell’utile deve avere dei confini e dei limiti che non si possono superare o infrangere, come ci ha più volte ricordato con solennità e fermezza il presidente Napolitano, al quale il giudice Guariniello ha voluto dedicare la sentenza.
I 7 morti di Torino sono state morti sporche, e la sentenza di Torino dovrebbe far riflettere sulle parole lette abitualmente sui giornali e sentite alla TV : “morti bianche”, “tragica fatalità”, come se quei morti fossero dovute ad un capriccio di un Dio crudele, e non, in molti casi, la conseguenza di scelte e di decisioni che antepongono il far soldi ad oltranza alla sicurezza individuale e collettiva.
A Torino non si è cercato vendetta, ma uomini e donne presenti come giudici o come familiari ed amici delle vittime hanno agito in nome della legalità, della dignità e del rispetto dei valori costituzionali.
Grazie a queste persone abbiamo ancora la speranza di credere in un futuro migliore ... e di sognare democrazia, giustizia e libertà per tutti !!!
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