mercoledì 2 giugno 2010

Burn-out, insegnanti e scuola

" Il termine burn-out  ha fatto la sua prima apparizione nel gergo del mondo dello sport nel 1930 per indicare l'incapacità di un atleta, dopo alcuni successi, ad ottenere ulteriori risultati e/o mantenere quelli acquisiti.Lo stesso termine è stato riproposto in ambito socio-sanitario per la prima volta nel 1975 dalla psichiatra americana C. Maslach la quale, nel corso di un convegno, utilizzò questo termine per definire una sindrome i cui sintomi testimoniano l'evenienza di una patologia comportamentale a carico di tutte le professioni ad elevata  implicazione relazionale.  E' dunque stato riconosciuto come disturbo non della personalità ma del ruolo lavorativo.
Il burnout degli insegnanti è un argomento internazionale da almeno vent’anni, come hanno dimostrato gli studi condotti negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Israele, Australia, Canada, Norvegia, Malta, Barbados ed Hong Kong. Sul tema sono stati anche condotti studi comparativi tra sistemi scolastici di differenti paesi come Italia e Francia, Scozia e Australia, Giordania ed Emirati Arabi, Stati Uniti e Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Australia. La questione si estende anche agli aspetti socio-economici perché  influisce su costi, produttività ed efficienza del sistema scolastico.
  Il particolare rilievo sociale del problema coinvolge  in Italia quasi un milione d’insegnanti, per l’alto rischio professionale di sviluppare una patologia psichiatrica rispetto ad altre categorie di lavoratori; più di otto milioni di studenti con le rispettive famiglie, a rischio di fruire di un servizio inefficiente per assenze e demotivazione del personale docente; le istituzioni che si trovano ad affrontare le conseguenze socio-economiche date da un sistema scolastico inefficiente  per la demotivazione e l’assenteismo della classe docente , un aumento dei costi  per supplenze, giorni di malattia da retribuire, pensioni d’inabilità, equo indennizzo, assistenza sanitaria, risultati educativi e culturali insoddisfacenti; le parti sociali che hanno come mandato fondamentale quello di tutelare i diritti dei lavoratori; le associazioni di categoria degli insegnanti, degli studenti, delle famiglie chiamate a tutelare i rispettivi diritti e interessi.
  La sindrome del burn-out  è caratterizzata da affaticamento fisico ed emotivo e collasso delle energie psichiche con alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, demoralizzazione, difficoltà di concentrazione,   preoccupazioni  eccessive o immotivate; sensazione di inadeguatezza,   incapacità di gestire il tempo in modo efficace e produttivo, con conseguente continua insoddisfazione per come lo si è utilizzato, indipendentemente dagli esiti raggiunti; rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento; atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali, rigidità nell'imporre o applicare norme e regole, atteggiamento colpevolizzante  e critico nei confronti dei colleghi ; senso di frustrazione o di fallimento  per mancata realizzazione delle proprie aspettative, pessimismo e caduta dell'autostima.
Gli insegnanti che soffrono di burn-out non si sentono più realizzati sul lavoro e cominciano a svalutarsi sia sul piano professionale, sia, successivamente, su quello personale e, nonostante si sforzino, non riescono a frenare questo crollo della fiducia nelle proprie capacità e risorse; i nuovi impegni  sembrano loro insostenibili ed hanno la sensazione di non essere “all'altezza” dei problemi nel lavoro e nel privato. Hanno la sensazione che il lavoro li “invada”; non riescono a “staccare” mentalmente; il pensiero degli alunni o i problemi con i colleghi gli creano sempre più malessere, anche oltre l'orario di lavoro.
I sintomi del burn-out comprendono alcuni o molti tra i seguenti comportamenti : assenteismo; progressivo ritiro dalla realtà lavorativa -“disinvestimento”-: presenziare alle riunioni senza intervenire, senza alcuna partecipazione emotiva, e solo per lo stretto necessario; difficoltà a scherzare sul lavoro, talvolta anche solo a sorridere; ricorso a misure di controllo o allontanamento nei confronti degli altri ; perdita dell'autocontrollo; tabagismo e assunzione di sostanze psicoattive: alcool, psicofarmaci, stupefacenti ; disfunzioni gastrointestinali: gastrite, ulcera, colite, stitichezza, diarrea; astenia, cefalea, emicrania;  malattie della pelle: dermatite, eczema, acne, afte, orzaiolo; allergie e asma; insonnia e altri disturbi del sonno; disturbi dell'appetito; disturbi cardiovascolari, difficoltà sessuali
Sin dalla prima metà degli anni 80 la sindrome del burnout negli insegnanti è stata oggetto di particolare attenzione da parte di molti autori che più recentemente hanno descritto anche una quarta caratteristica rappresentata da smarrimento, cioè dalla perdita della capacità del controllo e del senso critico che consente di attribuire all’esperienza lavorativa la giusta dimensione .  La professione finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito della vita di relazione e l’individuo non riesce a "staccare" mentalmente tendendo a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive o violente. La categoria degli insegnanti è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche, indipendentemente da fattori quali il sesso e l’età, pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori. Pur non essendo a tuttoggi contemplata nel DSM-IV (classificazione internazionale delle patologie psichiatriche)  la sindrome del burnout, quando trascurata, può trasformarsi in patologia psichiatrica.
La categoria degli insegnanti è sottoposta a numerosi stress di tipo professionale. La loro natura, sia in generale che con specifico riferimento allo scenario scolastico italiano, può essere ricondotta ad alcuni fattori riguardanti  la peculiarità della professione, in particolare una insufficiente maturazione emotiva, la tendenza all'eccessivo coinvolgimento nelle problematiche altrui, il rapporto con studenti e genitori, le classi numerose, la difficoltà di affrontare un mondo giovanile sempre più complesso e difficile, le situazione di precariato, la conflittualità tra colleghi, la costante necessità di aggiornamento;  la trasformazione della società verso uno stile di vita sempre più multietnico e multiculturale, con la crescita del numero di studenti extracomunitari;  il continuo evolversi della percezione dei valori sociali, come l'inserimento di alunni disabili nelle classi, la delega educativa da parte della famiglia a fronte dell’assenza di genitori-lavoratori o di famiglie monoparentali,  l’evoluzione scientifica, con internet e l'informatica;  il susseguirsi continuo di riforme, soprattutto l'autonomia scolastica, l'innalzamento della scuola dell’obbligo, l'ingresso nel mondo della scuola anticipato all’età di cinque anni e mezzo; la maggior partecipazione degli studenti alle decisioni e conseguente livellamento dei ruoli con i docenti; il passaggio critico dall’individualismo al lavoro in èquipe; l’inadeguato ruolo istituzionale attribuito/riconosciuto alla professione, con retribuzione insoddisfacente, scarsa considerazione da parte dell’opinione pubblica...
Vi sono reazioni individuali al burnout da evitare o da assumere . I singoli insegnanti  infatti adottano   reazioni di adattamento (coping strategies) differenti  per far fronte al burnout, nel tentativo di reagire a una situazione che, se non affrontata per tempo e adeguatamente, può degenerare in malattia psico-fisica. Le coping strategies possono essere azioni dirette, che mirano ad affrontare positivamente la situazione,  azioni  diversive, che sono tese a schivare l’evento e in cui si assume un atteggiamento apatico, impersonale, distaccato nei confronti di terzi, di fuga o di abbandono dell’attività, per sottrarsi alla situazione stressogena, ed azioni  palliative,  incentrate sul ricorso a sostanze come caffè, fumo, alcool, farmaci.
 Per evitare il burn-out gli insegnanti  dovrebbero  evidenziare gli aspetti positivi del lavoro e non concentrarsi solo su quelli negativi; provare sempre ad ascoltarsi, a guardarsi dentro, a recuperare dentro di sé la propria motivazione e la propria capacità di alimentare desideri; coltivare interessi al di fuori dal lavoro per distrarsi e non focalizzare l’attenzione esclusivamente sui problemi professionali;  mantenersi in buona salute, fare esercizio fisico, dormire adeguatamente, mangiare in modo sano e gestire al meglio il proprio tempo; lavorare in compagnia di altre persone per non sentirsi soli e condividere lo stress e per gratificarsi; pianificare ogni giorno in modo che le attività gratificanti e quelle non gratificanti siano alternate.
 Trattandosi però di un problema psichico con fattori storico-socio-culturali che  interessa la collettività, sarebbe necessario e fondamentale un costruttivo dibattito  tra gli attori istituzionali coinvolti   che  contemplasse anche e soprattutto  la rivisitazione/rivalutazione del ruolo istituzionale dell’insegnante nella società contemporanea, sfatandone al contempo gli stereotipi negativi, ben radicati nell’opinione pubblica, in primis  la mistica del suo "missionariato" o, al contrario,  la   scarsa motivazione o l'incompetenza o il   numero eccessivo di giorni di vacanza estivi, natalizi e pasquali !!!, ma anche le sue retribuzioni e la carriera ed un più ampio potere con maggiore libertà . Dovrebbero dunque  fare la loro parte anche le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria e le rappresentanze di studenti e famiglie
Garantire un clima  gratificante per l'insegnante significa gestire il suo carico emotivo personale a favore della promozione del benessere psicofisico e prevenire problematiche relative allo stress lavorativo. E' fondamentale infatti la prevenzione di una sindrome da   burn-out, che rappresenta senz'altro la patologia di un'organizzazione lavorativa  “ disorganizzata”, di una reazione di difesa alla tensione emotiva cronica creata dal contatto continuo con altri esseri umani, in particolare quando essi hanno dei problemi o motivi di sofferenza, con conseguenti ripercussioni negative sia sulla salute dell' insegnante sia sulla qualità dei servizi stessi forniti alla collettività degli utenti.  "
" In Francia, dopo gli   allarmanti dati sui suicidi tra i docenti, il governo è corso ai ripari affiancando uno psichiatra di supporto ogni 300 insegnanti. "In Italia , come ha dichiarato Vittorio Lodolo Doria, medico e responsabile dell'area Studio e tutela del benessere psicofisico degli operatori scolastici della fondazione Iard - nessuno si preoccupa di un fenomeno che è soggetto ad un rapido aumento !".
( i dati di questo post sono stati trovati in Internet e riassunti da ericablogger

4 commenti:

Fabio ha detto...

Il mestiere di insegnante è difficile e impegnativo. Io sono contrario a quei genitori che criticano, criticano e danno scarsi suggerimenti. Credo che i professori debbano avere una grande autonomia e discrezionalità ecco...io a mia figlia dico sempre di rapportarsi agli insegnanti con rispetto, di accettare le decisioni e i consigli. Ricordati - le dico - che il grande allenatore Boskov esortava i suoi giocatori a non criticare troppo le scelte arbitrali, insomma... "quando arbitro (...o professore) fischia...è rigore". Un caro saluto, Fabio

ericablogger ha detto...

caro Fabio purtroppo i genitori come te ormai sono una rarità
io ne ho incontrati alcuni anche quest'anno, con dei figli molto educati e piacevoli , ma la maggior parte arriva dalle elementari con atteggiamenti spesso discutibili e polemici, difficili da gestire, naturalmente
un caro saluto erica

Anonimo ha detto...

Cara ericablogger...ciao..con piacere e una sottile soddisfazione ho letto questo articolo sul burn-out degli insegnanti. Si, perchè sono anni che volevo una conferma alle mie sensazioni, non solo su di me, ma in particolare su tutta una serie di colleghe "sull'orlo di una crisi di nervi" che continuano però a fare finta di niente, accannendosi su chi invece sta bene e riesce ancora a barcamenarsi tra un lavoro ormai di " m..." e la propria autostima, basata sul proprio personale valore culturale ed umano che ha trovato impiego solo nella scuola, perchè non ha avuto le raccomandazioni giuste per essere "altrove": in un Paese dove il lavoro non è un diritto/dovere ma solo la giusta ricompensa a favori sessuali o parentali.
Bene...la classe Insegnante và verso lo sfacelo...il burn-out di una categoria di professionisti che si è lasciata andare alla deriva per mancanza di autostima e di dignità. Se vuoi essere amato e valorizzato dagli altri devi farlo tu per primo, continuando a essere vivo, ad evolvere invece di "sederti" ad aspettare di andare in pensione, tra lamentele e complessi di persecuzione. Gli insegnanti, da soli, hanno lasciato che il mondo dimenticasse l'importanza del mestiere più antico ed importante dell'umanità di tutti i tempi, quello della trasmissione dei valori della conoscenza. Ma per farlo li devi possedere, dentro di te, un bagaglio di certezze e di onestà intellettuale che richiede impegno, dignità e rispetto. Quel rispetto che molti di noi hanno perso lasciando a genitori, colleghi, alunni e superiori il timone dei prorpi stati d'animo e della propria esistenza. Mentre il timone di ogni nave è controllato da un capitano che deve saper navigare, con i venti a favore e anche contrari, perchè se non lo sa fare non è un capitano. Ognuno di noi, in ogni mestiere possibile, deve essere un capitano o almeno sforzarsi a farlo. L'esistenza è una lotta e bisogna combattere per non perire prima che arrivi "la livella" a strapparci dalle nostre radici. Forza Insegnanti riprendete il vostro timone e navigate, oppure abbiate la forza di cambiare mestiere prima che il mestiere vi trasformi nell'ombra di voi stessi. Non c'è stipendio che valga la malattia, non c'è stipendio che valga la mancanza di rispetto di noi stessi...piuttosto "a pulire scale"...ma liberi e felici, respirando a piene boccate d'aria l'unica esistenza che abbiamo, l'unico biglietto di sola andata. ( La chamade.

ericablogger ha detto...

grazie per questo bellissimo commento molto molto importante
un saluto erica