«Non mi sono costituita parte civile nel processo e adesso mi sono pentita per come sono andate le cose. Come si fa a condannare chi ha ucciso due persone, e ne ha ferita una gravemente, a un anno e nove mesi di reclusione e ridargli l’auto da guidare come se nulla fosse? E’ questa la giustizia italiana? Sono delusa, amareggiata. Mettetevi nei miei panni: è una cosa che fa male».
Ventuno mesi di condanna ma la pena è stata sospesa ; Cinzia D’Incal è rimasta molto amareggiata dopo la sentenza con cui il giudice del tribunale di Verbania ha condannato Gianluca Somma, 31 anni, di Beura, l’automobilista che il 7 luglio 2012, a Borca di Omegna, causò l’incidente che costò la vita a Daniele Beltrami (54 anni) , suo marito, e a Gianvito Capodacqua di 52, il vicino di casa, che erano a bordo della Hyundai Atos sulla quale c’era anche lei, quando, essendo partiti poco prima da Cireggio per andare al lavoro a Orta, furono centrati da un Suv proveniente da Novara che andava a forte velocità. Un incidente gravissimo, che la giustizia ha chiuso con un patteggiamento e con la sospensione della pena.
«Non solo, ma hanno dissequestrato la sua auto e gli hanno revocato gli arresti domiciliari ai quali era sottoposto» ha aggiunto nell'intervista al giornalista de la Stampa VCO Cinzia, che ancora oggi, dopo un anno, ricorre alle cure dei medici a causa delle ferite riportate nell’urto tra la Atos e il Nissan Pathfinder condotto da Somma. Un fatto grave per il quale l’ossolano ha dovuto rispondere di omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza (1,24 grammi per litro il tasso rilevato).
«Quell’uomo ha rovinato tre famiglie, compresa la sua In un anno non ho ricevuto né le condoglianze, né le scuse». Cinzia D’Incal, dopo aver rischiato la morte e col dolore nel cuore che l’ha segnata per sempre, non credeva ai suoi occhi quando la Suva, l’assicurazione svizzera di invalidità (Somma fa il frontaliere) le aveva chiesto «il risarcimento del danno subito dal suo cliente» per l’assenza dal lavoro dopo l’incidente, parecchi mesi fa. «Sembrava di vivere un incubo Oltre al danno, anche la beffa. Per fortuna, hanno ritirato la richiesta».
Una storia triste che ho seguito con tanto dispiacere per la sofferenza di Cinzia e della sua famiglia. Io lavoro con sua sorella e le parole di Cinzia e le sue vicissitudini tragiche di questo ultimo anno le conoscevo prima ancora di leggere l'articolo del quotidiano di alcuni giorni fa
Mi sono chiesta spesso quanto vale la vita di due persone che andavano al lavoro e sono state uccise da un ubriaco che aveva passato la notte nei locali novaresi Ora lo so Nulla e anche meno di nulla ...
L’associazione vittime della strada è intervenuta in merito a questa sentenza dicendo che «Il giudice poteva rifiutare il patteggiamento»
«Ventun mesi patteggiati, con la sospensione, non si possono moralmente accettare» ha detto Giuseppina Cassanti Mastrokeni, presidente dell’associazione Familiari e vittime della strada. «Il patteggiamento non è una misura obbligatoria e può essere rifiutata dal pm o dal giudice. La norma prevede un minimo e un massimo di pena, dai 2 ai 7 anni, e nel caso di più persone morte e il ferimento di altri, è aumentata fino al triplo, pur entro i 15 anni».
La replica del legale difensore, Marisa Zariani, è stata : «Sono state applicate correttamente le norme previste dal legislatore: le vittime sono state risarcite, infatti è stata applicata l’attenuante dell’avvenuto risarcimento prima del giudizio, oltre alle attenuanti generiche e la riduzione prevista dal rito alternativo. Anche se nessuna pena e nessun risarcimento potrà colmare la perdita di una persona cara nelle aule di giustizia occorre applicare le norme».
A questo punto trovo che ogni altro commento o riflessione personale siano inutili Mi auguro solo che non capiti a nessun altro di incontrare di nuovo quel signore col SUV un altro sabato mattina sulla strada del lago d'Orta !!!