domenica 14 febbraio 2016

L'omino coi baffi

VINCENZO AMATO
OMEGNA  da La Stampa VCO
Estroso, intelligente, spiritoso e creativo. Renato Bialetti era un genio. Fino alla sua morte, si divideva tra la casa ad Ascona e la splendida villa a Pallanza. Sino a pochi anni fa era normale vederlo al volante della sua Bentley approdare al Gigi bar a Stresa per l’aperitivo con gli amici. Del «signor Renato» come lo chiamavano i dipendenti un tempo, o «signor Bialetti» come era noto tra la gente, resta il ricordo di un imprenditore che ha trasformato una piccola azienda in uno dei simboli dell’Italia nel mondo. La Bialetti era arrivata ad avere 400 dipendenti producendo milioni di caffettiere. 
Partito da zero si era imposto sino a far diventare il suo nome e quella del suo prodotto, la Moka, sinonimo di caffettiera. «E’ difficile parlare e ricordare Renato - racconta Giuseppe Moroni, della Lagostina - era una figura straordinaria come uomo e imprenditore. Aveva saputo trasformare una piccola invenzione in un prodotto di largo consumo. Era partito da un piccolo laboratorio in cui si fondeva l’alluminio e in poco tempo aveva realizzato una delle fabbriche più moderne che esistevano in Italia. Quasi completamente automatizzata». L’altra sua grande intuizione fu quella di credere nella pubblicità e in un mezzo che nel dopoguerra pochi conoscevano: la televisione. L’«omino coi baffi» era la sua caricatura.  
Con Giuseppe Moroni ci fu anche un rapporto di grande reciproca amicizia: «Era orgoglioso della sua origine e estrazione sociale. Ripeteva con orgoglio “sono nato a Montebuglio” anche se molti non sapevano nemmeno dove fosse (oggi è frazione di Casale Corte Cerro, ndr). Poi aveva la passione per le auto. Ricordo che quando decise di comprare una Rolls Royce mi invitò al bar e insieme sfogliammo riviste specializzate per scegliere il modello». Imprenditore intelligente lo ricorda anche Franco Tettamanti, ex segretario della Fiom e oggi studioso della storia industriale del Vco. «Personalmente non ho mai trattato con lui, ma i “vecchi” del sindacato me lo hanno sempre descritto come uno degli ultimi industriali con i quali si parlava guardandosi negli occhi. Teneva agli operai perché era stato operaio lui stesso. Chiedeva, ma sapeva dare. Ai dipendenti come al territorio. Aveva un vero e proprio culto per i lavoro, che per lui era un valore». 
Martedì a Montebuglio ci sarà il funerale di Renato Bialetti Era nato nel 1922 ed era coscritto di mio papà Io me lo ricordo quando passava per Crusinallo con una delle sue Rolls e ne sentivo parlare da mio papà che andava alle cene dei coscritti Un pezzo di storia importante per la nostra città se ne va con lui

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